Il 14 aprile si è tenuta la presentazione del XVII Rapporto 2015 AlmaLaurea sulla Condizione Occupazionale dei laureati italiani
La XVII Indagine ha coinvolto quasi490.000laureati di 65 atenei a tre anni e cinque dal conseguimento del titolo .
Oltre a quasi 230 mila laureati post-riforma del 2013 – sia di primo che di secondo livello – ad un anno dalla conclusione degli studi universitari, sono stati intervistati tutti i laureati di secondo livello del 2011 (oltre 88 mila), interpellati quindi a tre anni dal termine degli studi e i colleghi del 2009 (oltre 64 mila), contattati a cinque anni dal termine degli studi.
Infine due indagini specifiche, consolidate oramai da anni, hanno indagato i laureati di primo livello del 2011 e del 2009 che non hanno proseguito la formazione universitaria (oltre 60 mila e quasi 47 mila), contattati rispettivamente a tre e cinque anni dalla laurea.
Dopo un anno dalla tesi solo uno su due trova lavoro.
Ma col tempo il 90 per cento è occupato.
Solo un manager su 4 ha una laurea, contro il 54% della media europea e il 68% della Francia; non possiamo meravigliarci se le nostre imprese risultano poco innovative, con scarsa capacità di valutare quanto può servire un laureato e di valorizzare le risorse interne.
A cavallo della recessione, il differenziale tra il tasso di disoccupazione dei neolaureati e dei neodiplomati è passato da 3,6 a 12,3 punti percentuali, a conferma delle migliori opportunità lavorative dei primi rispetto ai secondi.
E le performance restano migliori nel tempo, sia in termini di opportunità occupazionali (75,7% di occupati, tra i primi, contro il 62,6% dei secondi) che retributive (fatto 100 il guadagno dei diplomati, i laureati guadagnano circa il 50% in più).
Nel Rapporto si legge anche che aumentano (di poco) le retribuzioni a un anno dalla laurea (1.000 euro netti mensili) e a cinque (1.300).
Con il trascorrere del tempo la condizione occupazionale tende a migliorare: a cinque anni la disoccupazione è inferiore al 10%.
Cresce la stabilità del lavoro (autonomo o a tempo indeterminato); soprattutto per i laureati delle professioni sanitarie (a cinque anni dalla laurea l’occupazione è significativamente superiore alla media: 97%) e di ingegneria (95%).
Seguono i gruppi chimico-farmaceutico e economico-statistico (90%).
Al di sotto della media, insegnanti (80%), geo-biologi (79%), laureati in giurisprudenza (77%) e letteratura (75%).
L’Italia si trova ancora agli ultimi posti per quota di laureati, sia tra i 55/64enni sia tra i 25/34/enni.
Su 100 giovani di età 25-34 anni, i laureati italiani costituiscono solo il 22%; la media europea a 21 Paesi è pari al 37%, la media OCSE è pari al 39%.
Infine, gli autori del rapporto suggeriscono di inserire nel percorso formativo tirocini e stage, e esperienze di studio all’estero: i primi accrescono del 10% la probabilità di trovare lavoro; le seconde addirittura del 20%.
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