Categoria: Scuola
DOPO IL DIPLOMA, COSA FANNO I NOSTRI RAGAZZI? Scarica il nuovo rapporto pubblicato da AlmaLaurea
L’Associazione AlmaDiploma ha pubblicato in questi giorni l’undicesima edizione del Rapporto “Esiti a distanza dei diplomati”.
La ricerca ha coinvolto circa 115.000 diplomati intervistati a uno, tre e a cinque anni dal conseguimento del diploma e ne fotografa le scelte formative e professionali.
L’analisi della documentazione è un indispensabile punto di partenza per misurare l’efficacia dell’istruzione e dell’orientamento dei diplomati.
A distanza di un anno dal diploma la maggioranza dei ragazzi si iscrive all’università.
Dopo cinque anni dichiarano di lavorare come unica attività il 36,8% degli intervistati.
Gli istituti tecnici e professionali offrono le migliori chance occupazionali a distanza di cinque anni dal diploma.
Per scaricare il report completo di AlmaDiploma
(202 pagine), clicca QUI
IN ITALIA CI SONO 2,5 MILIONI DI GIOVANI CHE NON FANNO ASSOLUTAMENTE NULLA. Ecco le ultime statistiche sui NEET pubblicate dall’OCSE
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Nel suo rapporto annuale l’Ocse ha focalizzato l’attenzione sui cosidetti “NEET” (youth Not in Employment, Education or Training).
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Sono i giovani che non studiano e non lavorano.
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In Italia il tasso di neet sul totale della popolazione giovanile è arrivato al 26,9 per cento.
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Peggio di noi c’è solo la Turchia.
Siamo uno dei Paesi con il più alto tasso di abbandono scolastico.
Il 26% delle persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni non ha un titolo di scuola secondaria superiore.
In Italia il 75% dei neet vive in famiglia.
Per scaricare il rapporto sui giovani in Italia, clicca QUI
Per scaricare il rapporto completo dell’OCSE, clicca QUI
L’ITALIA È ALL’ULTIMO POSTO COME NUMERO DI LAUREATI. Scarica il Rapporto OCSE con tutti i numeri (568 pagine)
L’OCSE ha presentato il Rapporto “Education at a glance”.
Nella classifica dei 34 Paesi più industrializzati del mondo, l’Italia è ultima per numero di giovani laureati e quartultima per soldi investiti nell’università in rapporto al Pil.
I numeri relativi all’istruzione superiore sono quelli che preoccupano di più, perché rischiano di condannare il Paese a un lento ma inarrestabile declino economico.
Se i laureati sono così pochi è anche perché da noi l’equivalente del bachelor (la laurea triennale) è considerato di fatto solo come un gradino intermedio in vista della laurea magistrale.
I percorsi professionalizzanti come gli Its restano percentualmente marginali.
In Italia purtroppo il tessuto industriale è fatto di piccole e medie imprese.
Queste ultime assumono pochi laureati.
Il vantaggio relativo della laurea ai fini di un impiego si è assottigliato al punto da essersi rovesciato.
Il tasso di occupazione di chi ha fatto l’università è di un punto percentuale inferiore a chi ha solo il diploma (62% contro il 63%).
Alla base di tutti questi ritardi, sta il dato di fondo della estrema scarsità di risorse investite: appena lo 0,9% del Prodotto interno lordo.
E’ la metà del Regno Unito (1,8%) e comunque molto meno della Germania e della Francia (1,2% e 1,4%).
Francesco Avvisati e Gabriele Marconi sono gli autori della sezione italiana del rapporto OCSE.
Scarica QUI il file in powerpoint con le loro considerazioni sul sistema educativo italiano.
Per scaricare la sintesi del rapporto in lingua italiana, clicca QUI
Per scaricare l’intero rapporto dell’OCSE in lingua inglese, clicca QUI
ECCO IL PROGETTO DEL GOVERNO PER LA SCUOLA DIGITALE. Scarica il documento (140 pagine)
Digitalizzare la scuola italiana.
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La scuola 2.0 è l’obiettivo del “Piano nazionale della Scuola digitale” promosso dal Governo attraverso collegamenti internet di banda ultra larga.
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L’intento è quello di arrivare entro il 2020 all'”innovazione del processo educativo”, basato “sull’interazione costante” degli studenti, attivando così un processo di trasformazione culturale.
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Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, annuncia che sono già state stanziate risorse per “un miliardo di euro, grazie a fondi della Buona scuola e del Pon”.
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Del miliardo a disposizione, ha sottolineato Giannini, “600 milioni saranno investiti per la parte infrastrutturale, 400 per la parte software, cioè sviluppare competenze, monitorare lo stato dell’arte, formare l’intera comunità scolastica dagli insegnanti al personale amministrativo”.
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Si tratta di risorse “per le scuole, non per le imprese“, che “potranno essere partner di questo processo”.
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Si evidenziano quattro gli ambiti di lavoro:
– strumenti,
– competenze e contenuti,
– formazione,
– accompagnamento delle scuole
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per un totale di 35 azioni.
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Tra queste:
– la fibra e banda ultra larga alla porta di ogni scuola,
– il cablaggio interno di tutti gli spazi delle scuole,
– ambienti digitali per la didattica,
– il registro elettronico
– il pensiero computazionale per tutte le scuole primarie,
– risorse per pagare il canone di connettività,
– la formazione in servizio per tutto il personale,
– una strategia nazionale per l’apprendimento pratico e i laboratori,
– un quadro comune per le competenze digitali degli studenti,
– un responsabile per il digitale per ogni istituto (“animatore digitale“).
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Per scaricare il Piano Nazionale della Scuola Digitale, clicca QUI
I RAGAZZI INVISIBILI. Leggi il report con gli ultimi dati allarmanti sui NEET.
WeWorld ha presentato in questi giorni la prima indagine nazionale sul fenomeno dei Neet:
“GHOST. Indagine sui giovani che non studiano, non lavorano o non si formano”.
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Un progetto che indaga il fenomeno della dispersione scolastica attraverso diverse tecniche di indagine.
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Il tema Neet è sempre più oggetto di attenzione da parte di istituzioni e Media, sia nazionali che europei.
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Cresce l’attenzione ma cresce, anche, la sensazione della pericolosità nell’usare genericamente questa terminologia, in quanto appare, sempre più chiaramente, che tale termine è un contenitore di situazioni diversissime e che eccessive generalizzazioni corrono il rischio di etichettare in senso negativo e indistinto la situazione specifica di molti giovani.
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Da qui nasce il progetto di ricerca.
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Continua infatti ad aumentare la quota di giovani fuori dal processo formativo e produttivo del Paese: Neet (Not in Education, Employment or Training), giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo ma neppure impegnati in un’attività lavorativa.
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“IO DISPERSO SCOLASTICO E NEET”.
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Ad emergere da Ghost è una preoccupante correlazione tra questo fenomeno e la dispersione scolastica:
Un ragazzo su quattro, tra quelli considerati NEET, infatti, ha alle spalle un percorso scolastico legato all’abbandono scolastico.
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La dispersione scolastica nel nostro Paese ha assunto dimensioni allarmanti, con il 15% di ragazzi che abbandonano gli studi, l’Italia è in fondo alla classifica europea la cui media è pari al 11,7%, e continua a scontare un gap con gli altri Paesi, come ad esempio la Germania dove la quota è sensibilmente più bassa (9,5%), o la Francia (8,5%) e il Regno Unito (11,8%).
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I NEET sono molto presenti nelle regioni del Sud Italia dove vi sono regioni ben lontane dalla media europea (Sardegna 31,8 , Campania 36,4%, Puglia 34,1%, Sicilia 39,7).
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I percorsi scolastici accidentati (segnati da bocciature, interruzioni, cambi di indirizzo, etc.) sono spesso precursori della condizione di Neet, alla quale sappiamo che concorrono altri fattori importanti: la condizione economica e sociale d’origine, la situazione famigliare e personale (disoccupazione di uno dei genitori, separazione, malattia…), il contesto economico nazionale.
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In particolare rispetto al loro percorso di studi, la famiglia assume un ruolo determinante e quasi deterministico genitori con titolo di studio basso avranno con ogni probabilità figli poco istruiti.
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Sono state raccolte in modo approfondito le storie di 42 ragazzi in sette città: Torino, Milano, Pordenone, Palermo, Napoli, Roma, Bari.
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Nelle storie dei Neet è poco presente la partecipazione a realtà associative e gruppi organizzati siano essi di tutela ambientale, sport, cultura, politica o impegno sociale o solidaristico.
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La scuola, intesa come ambiente educativo appare poco presente e poco viva.
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Emerge la fisionomia di scuola che non entusiasma e crea poca appartenenza.
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Appare quasi del tutto assente l’esperienza dell’orientamento scolastico sia nel passaggio verso le superiori sia verso percorsi successivi.
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Il POFT (Piano dell’Offerta Formativa Triennale) delle scuole di primo e secondo grado dovrebbe darsi obiettivi inclusivi da raggiungere con un’offerta variegata che tenga conto delle specificità sociali della propria utenza, con l’impegno ad accompagnare al termine del percorso di studi un numero sempre maggiore di studenti.
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