“RETHINK – Evoluzioni e prospettive del nuovo export italiano”, il nuovo Rapporto Export di SACE
Un mercato interno ancora anemico, nuove destinazioni da raggiungere e nuove strategie per conquistarle: a sei anni dallo scoppio della crisi che ha scosso le fondamenta dell’economia mondiale, RETHINK, l’ultimo Rapporto Export di SACE, rilegge in chiave evolutiva il percorso avviato dalle imprese italiane per reagire alle difficoltà, non solo congiunturali, e tornare a crescere, riposizionandosi su nuovi mercati.
Un percorso in cui la capacità esportativa si è confermato il driver fondamentale di un processo di “selezione naturale” delle nostre imprese.
Quale dunque l’identikit del nuovo export italiano forgiato dalla crisi?
Quali le prospettive, i mercati di riferimento, i settori di punta?
Quali le direttrici da perseguire nel medio-lungo termine?
È a questi interrogativi che risponde il Rapporto di SACE, con le previsioni sulle esportazioni italiane per il periodo 2014-2017.
Di seguito i principali risultati:
Prospettive del nuovo export: risalita ad ostacoli
L’export italiano torna ad aumentare il passo e, dopo la performance pressoché stagnante nel 2013 (-0,1%), si prepara a mettere a segno un +6,8% nel 2014, accelerando il ritmo fino a raggiungere un valore di circa € 539 miliardi nel 2017, con un tasso di crescita media nel quadriennio del 7,3%.
Le previsioni di SACE confermano il trend di risalita, relativamente sostenuto, delle nostre vendite all’estero: un cammino che, seppur caratterizzato da discontinuità e da cambiamenti di scenario repentini che hanno reso sempre più arduo il compito di formulare previsioni, ha consentito di recuperare i livelli pre-crisi già nel 2011 (€ 375 miliardi di export in valore), ed è destinato a continuare nel medio-lungo termine.
Identikit del nuovo export italiano
Il significato del termine “esportare” è ormai profondamente mutato.
Oggi non si tratta più, semplicemente, di vendere oltreconfine, ma di conquistare nuove quote di mercato in paesi a maggior potenziale, ben al di fuori del mercato comune europeo, che ormai non può più essere considerato “estero”.
Per competere in quest’arena, la qualità Made in Italy è un punto di partenza importante, ma la chiave di volta per il successo delle imprese del “nuovo export” sta nella capacità di riadattarsi continuamente e di dotarsi di strumenti nuovi, anche finanziari (e spesso alternativi ai canali tradizionali), per sostenere le strategie di sviluppo internazionale.
Per questo oggi le imprese più internazionalizzate sono quelle che dimostrano maggiore resistenza alle avversità. Sono più solide e in grado di riorientare la produzione per intercettare la crescita, al punto che la propensione all’esportazione è diventata un indicatore rilevante, sebbene non ancora una garanzia di fatto, del merito creditizio.
I mercati di riferimento del nuovo export: fuori dall’Europa, verso gli emergenti (e non solo)
Si rafforzerà sempre più il processo di riposizionamento delle esportazioni italiane verso i mercati emergenti. In cinque anni, il loro peso sull’export complessivo è aumentato di circa 4 punti percentuali, a fronte di una riduzione simile dell’incidenza degli avanzati; l’UE rappresenta ormai, oggi, meno della metà delle esportazioni italiane.
Ecco il link per scaricare il report: