corte

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Il Fisco non può inventare compensi e redditi inesistenti.

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Il contribuente può legittimamente prestare servizi professionali a parenti ed amici senza chiedere di essere pagato.

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È questo, in sintesi, quanto stabilito dalla Cassazione, con la sentenza 21972/2015, depositata il 28 ottobre, che ha respinto il ricorso presentato dall’ufficio contro la sentenza della Commissione Tributaria Campania, n. 92/29/2008, depositata il 7 maggio.

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L’ufficio, nel 2005, aveva emesso un accertamento relativo al 2001, chiedendo imposte, sanzioni e interessi, in quanto un professionista, esercente l’attività di consulente fiscale, non aveva emesso fatture a 72 clienti per prestazioni che aveva effettuato gratuitamente.

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Per l’ufficio, invece, era impossibile che il professionista effettuasse le prestazioni senza chiedere alcun compenso.

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La Corte di Cassazione ribalta la sentenza.

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Secondo la Corte “…è da ritenere plausibile la gratuità dell’opera svolta dal professionista, in considerazione dei rapporti di clientela e di amicizia con gli stessi clienti.

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Il 70% di tali soggetti risultano soci di società di persone, la cui contabilità è affidata alle cure del contribuente, per cui ogni eventuale compenso rientra in quello corrisposto dalla società di appartenenza.

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L’attività svolta in loro favore riguardava soltanto l’invio telematico delle dichiarazioni dei redditi ed era finalizzata all’incremento della clientela, cosicché la semplicità della prestazione in sé rende verosimile l’assunto del contribuente circa la sua gratuità…”.

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Per scaricare la sentenza, clicca QUI

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